venerdì 12 gennaio 2024

Phobos, Omae wa mō shinde iru.

 

Phobos, Omae wa mō shinde iru [43]

“Qui chi non terrorizza si ammala di terrore” [1]

Figura 1: Animazione di Phobos.
Credit (NASA) via INAF Brera.[11]

Figura 2: L'immagine di Phobos a più alta risoluzione mai ripresa. Lo strumento utilizzato è HiRISE a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO). Prodotta da: University of Arizona/HiRISE-LPL.

Il mito all’origine del nome.

Phobos è la maggiore e più interna delle due lune di Marte, la quarta biglia del sistema solare, quella rossa. Prende il nome da uno dei figli del dio greco della guerra Ares (che nella mitologia romana divenne Marte) e di Afrodite, dea della bellezza. Il suo nome significa paura ed è fratello di Deimos (terrore). In realtà la mitologia che lo riguarda è piuttosto scarna. Di lui e del fratello si ricorda soprattutto la citazione dal libro XV dell’Iliade: “[…] e alla Fuga impose e allo Spavento D’aggiogargli i destrieri; e di fiammanti Armi egli stesso si vestiva”. [12]

I nomi di queste due lune furono proposti da Asaph Hall sotto consiglio di Henry George Madan. Queste sono le parole di Hall:

Of the various names that have been proposed for these satellites, I have chosen those suggested by Mr Madan of Eton, England, viz:

Deimos for the outer satellite;

Phobos for the inner satellite.

These are generally the names of the horses that draw the chariot of Mars; but in the lines referred to they are personified by Homer, and mean the attendants, or sons of Mars {the god of war}. These lines occur in the Fifteenth Book of the Iliad, where Ares is preparing to descend to the earth to avenge the death of his son.[37]

 

“Tra i vari nomi che sono stati proposti per questi satelliti, ho scelto quelli suggeriti dal signor Madan di Eton, Inghilterra, vale a dire:

Deimos per il satellite esterno;

Phobos per il satellite interno.

Questi sono generalmente i nomi dei cavalli che trainano il carro di Marte; ma nei versi a cui si fa riferimento sono personificati da Omero e significano gli attendenti, o figli di Marte {il dio della guerra}. Questi versi ricorrono nel quindicesimo libro dell'Iliade, dove Ares si prepara a scendere sulla terra per vendicare la morte di suo figlio. [37]

La scoperta.

A differenza di Marte che è conosciuto da tempo immemore, Phobos è noto solo da un secolo e mezzo. L’anno è il 1877 e lo scopritore è il già citato astronomo Asaph Hall. [4] La decisione di effettuare le osservazioni fu presa nella primavera di quello stesso anno e le ragioni di questa scelta sono spiegate dallo stesso autore nel documento in cui espone la scoperta.

Queste le sue parole:


The question whether Mars had a satellite or not, although at times occurring to me, I did not seriously consider until the spring of 1877. At that time several things had happened that brought this question prominently before me, Perhaps the principal of these was the discovery, in December 1876, of a white spot on the ball of Saturn, which gave me the means of determining the time of rotation of that planet, and taught me how untrustworthy may be the statements of the text books; this had made me ready to doubt the phrase one reads so often, “Mars has no Moon.” Again, the favourable opposition of Mars in 1877 naturally attracted my attention

“Anche se a volte mi veniva in mente, non presi seriamente in considerazione la questione se Marte avesse o meno un satellite fino alla primavera del 1877. A quel tempo erano accadute diverse cose che mi portarono a confrontarmi con questa domanda. Forse la principale di queste era la scoperta, nel dicembre 1876, di una macchia bianca sul disco di Saturno la quale mi diede i mezzi per determinare il tempo di rotazione di quel pianeta e mi insegnò quanto possano essere inaffidabili le affermazioni dei libri di testo; questo mi aveva reso pronto a dubitare della frase che si legge così spesso: "Marte non ha lune". Ancora una volta, l'opposizione favorevole di Marte nel 1877 attirò naturalmente la mia attenzione”

Prosegue l’autore:

The search was begun early in August, as soon as the geocentric motion of the planet made the detection of a satellite easy. At first my attention was directed to faint objects at some distance from Mars; but all these proving to be fixed stars, I began to examine the region close to the planet, and within the glare of light that surrounded it. This was done by keeping the planet just outside the field of view, and turning the eye-piece so as to pass completely around the planet. While making this examination on the night of August 11, I found a faint object on the following side and a little north of the planet, but had barely time to secure an observation of its position when fog from the Potomac River stopped the work. Cloudy weather intervened for several days. The search was resumed on August 15; but a thunderstorm in the early part of the night had put the atmosphere in a very bad condition, and Mars was so blazing and unsteady that nothing could be seen of the object, which we now know was at that time so near the planet as to be invisible. On August 16 the object was found again on the following side of the planet, and the observations of that night showed that it was moving with the planet. On August 17, while waiting and watching for the outer satellite, the inner one was discovered. The observations made on the 17th and 18th put beyond doubt the character of these object, and their discover was publicly announced by Admiral Rodgers on the 18th. For several days the inner moon was a puzzle. It would appear on different sides of the planet in the same night, and at first I thought there were two or three inner moons, since it seemed very improbable to me, at that time, that a satellite should revolve around its primary in less time than that in which the primary rotates. To settle this point I watched this moon throughout ‘the nights of August 20 and 21, and saw that there was, in fact, but one inner moon, which made its revolution around the primary in less than one-third the time of the primary’s rotation, a case unique in our solar system.”

“La ricerca è iniziata i primi di agosto, non appena il movimento geocentrico del pianeta ha reso facile l'individuazione di un satellite. Dapprima la mia attenzione fu rivolta ad oggetti deboli ad una certa distanza da Marte ma questi risultarono essere tutti stelle fisse, poi cominciai a esaminare la regione vicina al pianeta ed entro il bagliore di luce che lo circondava. Ciò è stato fatto mantenendo il pianeta appena fuori dal campo visivo e ruotando l'oculare in modo da fare un giro completo attorno al pianeta. Facendo questo esame la notte dell'11 agosto trovai un debole oggetto sul lato a seguire e un po' a nord del pianeta ma ebbi appena il tempo di assicurarmi un'osservazione della sua posizione quando la nebbia del fiume Potomac interruppe il lavoro. Poi fu nuvoloso per diversi giorni. La ricerca è ripresa il 15 agosto; ma un temporale nella prima parte della notte aveva rovinato la visibilità atmosferica, e Marte era così brillante e instabile che non si poteva vedere nulla dell'oggetto, che ora sappiamo essere in quel momento così vicino al pianeta da essere invisibile. Il 16 agosto l'oggetto fu ritrovato sul lato del pianeta a seguire, e le osservazioni di quella notte mostrarono che si muoveva con il pianeta. Il 17 agosto, mentre aspettavamo e osservavamo il satellite esterno, fu scoperto quello interno. Le osservazioni fatte il 17 e il 18 misero fuor di dubbio il carattere di questi oggetti, e la loro scoperta fu annunciata pubblicamente dall'ammiraglio Rodgers il 18. Per diversi giorni la luna interna rimase un enigma. Appariva su diverse parti del pianeta nella stessa notte, e in un primo momento pensai che ci fossero due o tre lune interne, poiché in quel momento mi sembrava molto improbabile che un satellite potesse orbitare attorno alla suo primario in meno tempo rispetto a quello in cui ruota il primario stesso. Per chiarire questo punto osservai questa luna durante le notti del 20 e 21 agosto e vidi che in realtà c'era solo una luna interna che faceva la sua rivoluzione attorno al primario in meno di un terzo del tempo della rotazione del primario stesso, un caso unico nel nostro sistema solare.”


Il poter apprendere di una scoperta dale parole del suo fautore è un valore aggiunto. In più si può notare come le descrizioni scientifiche più datate hanno un che di romanzato che oggi un po' si è perso. Alcune pubblicazioni moderne hanno una parte discorsiva di alto livello e accessibile anche a un pubblico di non specialisti ma questo non, purtroppo, è la norma.

Trivia.

Ø  Phobos fu scoperto la mattina, poco dopo le 09:00 Greenwich Mean Time (GMT) del 18 Agosto 1877 presso lo United States Naval Observatory (USNO) in Washington D.C. ovvero le 04:00 del 17 Agosto contando le ore come si faceva prima della convenzione astronomica del 1925 [5] e cioè con la giornata che iniziava a mezzogiorno. La traduzione in datazione moderna è quindi alle 16:00 del 18 Agosto. Lo Universal Time (UT) [6; 7; 8] chiamato anche tempo Zulu (Z), era precedentemente chiamato Greenwich Mean Time, GMT. Si basa sull'immaginario "Sole medio", per calcolare la media degli effetti sulla lunghezza del giorno solare causati dall'orbita leggermente non circolare della Terra attorno al Sole. L'UT non viene aggiornato con i secondi intercalari come l'UTC. Anche il suo punto di riferimento è Greenwich, in Inghilterra: quando è mezzogiorno sul primo meridiano, è mezzogiorno (12:00:00) UT.
Ø  Formalmente le due lune sono chiamate Marte I e Marte II.
Ø  Un altro aneddoto curioso riguarda un libro scritto nel 1726 da Jonathon Swift e intitolato “Gulliver's Travels” (I viaggi di Gulliver in italiano). In questo libro, che precede la scoperta delle lune marziane di un 150 anni, l’autore fa scoprire agli abitanti di Laputa due lune orbitanti attorno al pianeta rosso. [38] La particolarità sta nel fatto che le orbite hanno diametri paragonabili a quelli effettivi oggi noti. La ragione di ciò ha però una ragione storica. Stando a una speculazione di Keplero esisteva una sequenza numerica che descriveva il numero di lune dei pianeti allora noti. La distanza delle lune marziane letterarie espressa in raggi del primario rispettava quasi perfettamente quella reale delle due lune più interne di Giove, Io ed Europa.

I.            Mercurio: nessuna luna.
 II.            Venere: nessuna luna.
III.            Terra: 1 luna.
IV.            Marte: 2 lune (ipotizzate).
V.            Il pianeta mancante: 3 lune.
VI.            Giove: 4 lune (le medicee o galileiane; 1610 E.V.).
VII.            Saturno: 5 lune (1655-1671). 

Figura 3: Jonathon Swift, Gulliver’s Travels, edizione Motte (1726), 1ma edizione. Il materiale paratestuale ne “I viaggi di Gulliver” è notevolmente, intricato e inquietante. Nella prima edizione Motte (1726) l'opera contiene il ritratto di un dignitoso Gulliver, piuttosto in contrasto con il misantropo furioso raffigurato alla fine dell'opera, su cui sono iscritti la sua età e il luogo di residenza: Redriff, ora Rotherhithe a Londra.
Credit: © The British Library Board (012614.a.52)

Le prime ipotesi.

Le peculiarità dell’orbita di Phobos portarono alla formulazione di alcune “fantasiose” ipotesi. Fra queste è degna di nota per la sua “stravaganza” quella della luna cava. [16] Padre di questa idea è stato l’astrofisico russo Iosif Samuilovich Shklovsky (nel testo che segue troverete diverse traslitterazioni di questo nome. Per ragioni di fedeltà storica nei documenti che riporterò testualmente non ho voluto apportare modifiche ma la traslitterazione oggigiorno accettata come corretta è questa) che trovò in essa la migliore spiegazione per le peculiarità dell’orbita della luna come erano note al suo tempo. Oggi sappiamo che questa luna è probabilmente un corpo secondario [13] cioè un aggregato di ciò che rimane dopo la distruzione di un altro corpo, o rubble pile in inglese. Questa tesi non era però campata per aria ma trovava ragione nelle sopracitate peculiarità dell’orbita di Phobos e in particolare nella sua accelerazione secolare e nella misura di quanto questa stava decadendo. Fu anche ipotizzato che questo oggetto cavo dovesse essere di origine artificiale, magari frutto di una tecnologia marziana e che quindi la biglia rossa dovesse essere abitata da creature intelligenti e tecnologicamente avanzate. Ci si interrogò anche sul perché non si riuscisse a captare alcun segnale di questa presunta civiltà e se essa avesse, invece, già intercettato la nstra. Marte ha da sempre ispirato, per una ragione o per un’altra questo genere di congetture. Si ricordi ad esempio il curioso caso dell’errata traduzione ad opera degli inglesi di “canale”, inteso come naturale, in canal invece che channel laddove il primo implica l’artificialità dell’opera mentre il secondo no. [18]

Figura 4: I canali marziani disegnati da Schiaparelli stesso nel 1877.

Trivia:

Nonostante questo lavoro sia stato confutato poco dopo, Shklovsky non va sottovalutato. Fu un ricercatore fecondo e attivo in tanti settori che spaziavano dalla corona solare alla radioastronomia passando per i sistemi binari di pulsar e l’emissione di sincrotrone delle stelle di neutroni. In molti di questi campi trovò o una soluzione per problemi aperti o un modo per arrivarvi. Soprattutto i suoi lavori in radioastronomia, uniti alla sua passione, favorirono la diffusione di idee e progetti finalizzati alla ricerca di vita extraterrestre intelligente. Non per niente in seno all’URSS fu il più grande ispiratore del progetto SETI ed è da lui che l’enormemente più noto Carl Sagan trasse ispirazione. Un collega di Shklovsky disse di lui: “50 percent of Shklovskii’s ideas are brilliant, but no one can tell which 50 percent they are”. [19; 20]

Queste parole della prefazione di Intelligent life in the universe trasmettono tanto della dedizione e dello spirito che sono propri di chi, prima di tutto per passione, racconta la scienza.

The prey runs to the hunter,” wrote Josef Shmuelovich  Shklovskii in a letter to me in 1962. Knowing his wide-ranging interests, I had sent him a preprint of a paper of  mine called “Direct Contact Among Galactic Civilizations by  Relativistic Interstellar Spaceflight,” a speculative exercise  on a topic which I thought might interest him. Shklovskii  wrote to tell me that he was completing a semipopular  book, Vselennaia, Zhizn, Razum (in English, Universe, Life,  Mind). It was being written for the fifth anniversary of the  launching of the first Soviet artificial satellite on August 4,  1957. Shklovskii had been about to write a chapter on the  possibility of interstellar spaceflight when my preprint  arrived, just in time to be partially incorporated into the  text. Vselennaia, Zhizn, Razum was published in Moscow in  early 1963. Parts of it were also serialized in  Komsomolskaya Pravda, and extracts published in the  Soviet scientific journal Priroda. It has received enthusiastic  acclaim in the Soviet Union and elsewhere, and is being  translated into a variety of languages, including Chinese.  When I received a copy of the book, I was struck by its  broad scope and novel insights. I wrote to Shklovskii, asking  him if we might translate it into English. Shklovskii readily  consented, and invited me to add additional material as I  saw fit. As the translation proceeded, in the capable hands  of Paula Fern, I found myself unable to resist the temptation  to annotate the text, clarify concepts for the scientific  layman, comment at length, and introduce new material.  The delay in the publication of the English edition is  attributable entirely to this cause. I have added about as  much material as there was in the work initially, and the  figures and captions are solely my responsibility. I hope that  the book is, as a result, of somewhat wider appeal.  Shklovskii also has made a large number of changes and  additions which have been incorporated into the English  edition.  The result is a peculiar kind of cooperative endeavor. I  have sent much of the entirely new material to Shklovskii  for his comment, and he has sent much new material to me  for inclusion. Since he does not travel out of the Soviet  Union and I have never travelled to the Soviet Union, we  have been unable to discuss the present edition in person.  “The probability of our meeting is unlikely to be smaller  than the probability of a visit to the Earth by an  extraterrestrial cosmonaut,” he once wrote, in a puckish  mood.

“La preda corre verso il cacciatore", mi scrisse Josef Shmuelovich Shklovskii in una lettera nel 1962. Conoscendo i suoi vasti interessi, gli avevo inviato una prestampa di un mio articolo intitolato "Contatto diretto tra le civiltà galattiche tramite il volo spaziale interstellare relativistico", un esercizio speculativo su un argomento che pensavo potesse interessarlo. Shklovskii mi ha scritto per dirmi che stava completando un libro semipopolare, Vselennaia, Zhizn, Razum (in italiano, Universo, Vita, Mente). Era stato scritto per il quinto anniversario del lancio del primo satellite artificiale sovietico, avvenuto il 4 agosto 1957. Shklovskii stava per scrivere un capitolo sulla possibilità del volo spaziale interstellare quando arrivò il mio preprint, giusto in tempo per essere parzialmente incorporato nel libro. il testo. Vselennaia, Zhizn, Razum fu pubblicato a Mosca all'inizio del 1963. Parti di esso furono anche serializzate sulla Komsomolskaya Pravda ed estratti pubblicati sulla rivista scientifica sovietica Priroda. Ha ricevuto consensi entusiastici in Unione Sovietica e altrove, ed è stato tradotto in diverse lingue, compreso il cinese. Quando ho ricevuto una copia del libro, sono rimasto colpito dalla sua ampia portata e dalle nuove intuizioni. Ho scritto a Shklovskij chiedendogli se potevamo tradurlo in inglese. Shklovskii acconsentì prontamente e mi invitò ad aggiungere altro materiale se lo ritenevo opportuno. Mentre la traduzione procedeva, nelle abili mani di Paula Fern, mi sono ritrovato incapace di resistere alla tentazione di annotare il testo, chiarire concetti per il profano scientifico, commentare a lungo e introdurre nuovo materiale. Il ritardo nella pubblicazione dell'edizione inglese è imputabile interamente a questa causa. Ho aggiunto tanto materiale quanto era inizialmente presente nel lavoro, e le figure e le didascalie sono di esclusiva mia responsabilità. Spero che il libro abbia, di conseguenza, un fascino un po’ più ampio. Shklovskii ha apportato anche un gran numero di modifiche e aggiunte che sono state incorporate nell'edizione inglese. Il risultato è un tipo peculiare di impegno cooperativo. Ho inviato gran parte del materiale completamente nuovo a Shklovskii per il suo commento, e lui mi ha inviato molto materiale nuovo affinché lo includessi. Poiché lui non usciva dall'Unione Sovietica e io non ho mai viaggiato in Unione Sovietica, non abbiamo potuto discutere di persona la presente edizione. "È improbabile che la probabilità del nostro incontro sia inferiore alla probabilità della visita sulla Terra di un cosmonauta extraterrestre", scrisse una volta, in tono malizioso.”

Phobos e Deimos, gemelli separati.

Vediamo ora un po’ più nel dettaglio quali caratteristiche rendono questa luna così peculiare. Entrambe le lune sono piccole tanto da essere lontano dall’aver potuto raggiungere la forma sferica tipica dei corpi in equilibrio idrostatico. Phobos ha forma prolata [23], come una patata, è cioè un po’ oblungo, con dimensioni di 27x22x18 Km [21]. Orbita talmente vicino al suo corpo primario, poco più di 9.200 Km,  da completare un’orbita in appena 7h39’ mostrando sempre la stessa faccia a Marte ed e visibile solo fino ad una latitudine marziana di 70,4°. Immaginate se dalla porzione più settentrionale della Norvegia non si potesse più vedesse la Luna. Questo esempio è solo esplicativo ma fuorviante perché il rapporto luna/pianeta per il sistema terrestre è il maggiore di tutto il sistema solare. La nostra luna, la Luna, e quindi la più grande in relazione al suo primario.

Figura 5: Transito solare di Phobos in stereo. Ripresa in RGB della Mastcam-Z da 110 mm, sol 397 (2 aprile 2022). La camera è fa parte della strumentazione del rover Perseverance.
Credit: Mastcam-z team. https://mastcamz.asu.edu/ [42]

La sua orbita decade ci circa 1,8 metri ogni secolo e questo lo porterà in circa 39 milioni di anni,  50 come limite superiore, a essere distrutto dalle forze di marea esercitate da Marte. [28] Di contro L’orbita di Deimos, anch’essa molto vicina alla circolarità e prossima all’equatore, si sta allargando. Essendo l’orbita di Phobos inferiore a quella areosincrona (l’equivalente marziano dell’orbita geosincrona per la Terra) esso sorge a ovest e tramonta a est. Il suo periodo sinodico, quello cioè sincronizzato con due eventi uguali visti dalla superficie del primario, è di 11,1 ore. Questo fa si che in un sol, un giorno marziano, si vedano un coppia o una tripletta di albe e tramonti di Phobos. [36]

Circa l’origine dei due satelliti di Marte non vi è un consenso unanime. Le analisi della struttura e della composizione suggeriscono che possano essere asteroidi di classe C catturati ma questo implica una serie di difficoltà dal punto di vista della meccanica orbitale. Come già accennato questi corpi presentano un elevato grado di porosità, e/o presenza di ghiacci, e di conseguenza una bassissima densità. Per Phobos questo valore è di appena  [29] contro i  della biglia blu. [30] La piccola eccentricità delle loro orbite potrebbe però essere spiegata da una formazione in situ come aggregazione dei detriti di un corpo progenitore. [28]

Trivia:

Entrambe le lune di Marte sono marealmente bloccate. Questo significa che, come la nostra Luna, mostrano al pianeta sempre la stessa faccia. Nel particolare i loro asse maggiore punta verso Marte per via della stabilizzazione del gradiente di gravità. La stessa cosa si fa artificialmente coi satelliti (artificiali) in orbita bassa (LEO) grazia all’aggiunta di un braccio stabilizzatore.

Un mondo travagliato.

Esiste un limite chiamato limite di Roche [22; 24] oltre il quale le forze di marea agenti sue due punti di un corpo in orbita sono tali da superare le forze interne di coesione dovute al materiale e alla gravità del corpo stesso. Raggiunto quel punto il destino del corpo è segnato e questo andrà a sgretolarsi per formare tipicamente un anello di detriti come ad esempio è successo su Saturno che non a caso è noto come il Pianeta dagli anelli. Un esempio da manuale è quello della cometa Shoemaker–Levy 9 (formalmente D/1993 F2) che è stata frammentata dall’enorme gravità di Giove prima di precipitarvi in numerosi pezzi nel 1994. [26] Questo processo è ben evidente sulla superficie di Phobos in quanto questa presenta numerose scanalature parallele, dai 10 ai 100 m di larghezza, che paiono irraggiarsi dalla sua più grande struttura superficiale: il cratere Stickney. Per diverso tempo non si è riusciti a capire come la luna sia sopravvissuta ad un tale impatto ma recenti modelli, i quali tengono conto anche della struttura porosa del corpo impattato, hanno risolto questo problema. [25; 28]

Molti di questi solchi hanno l’aspetto di catenae di graben mentre altri sono chiaramente catenae di crateri. [39] In prima battuta si era pensato che queste scanalature fossero dovute all’impatto che ha generato il cratere stesso in quale, coi sui 9,7 Km di diametro, è proporzionalmente enorme rispetto alla luna. [25] In realtà la questione è ancora aperta in quanto esiste una seconda ipotesi, corroborata da modelli numerici, che descrive queste scanalature come il risultato dell’impatto degli ejecta consecutivi all’impatto che ha formato il cratere di cui sopra. [27] Questi hanno formato delle catene di crateri da impatto sia secondario che sesquinario. [35] Oggi, il consenso scientifico ci dice che la maggior parte delle scanalature della martoriata luna marziana sono dovute alle forze di marea, seguono in ordine di importanza le fratture conseguenti lo shock dell’impatto che ha formato il cratere Stickney e quelle dalle catene di crateri secondari e sesquinari. [39] Un aspetto delle scanalature degno di nota è il loro essere simmetriche rispetto al punto sub-marziano che corrisponde col punto centrale del rigonfiamento mareale. Una peculiarità di questo modello è che prevede che Phobos sia composto da due strati: uno più interno debole e scarsamente resistente alle trazioni mareali e uno più superficiale di circa 10-100 m di spessore con proprietà elastiche simili a quelle della regolite lunare e più forte. [40]

Gli impatti sesquinari sono forse i meno noti al grande pubblico. Essi si formano dal materiale espulso da un impatto (primario) che però prima di ricadere sulla superficie solo a causa della gravità del corpo impattato (impatto secondario) entra in orbita attorno al corpo principale per poi ricadere sul satellite, tipicamente, con velocità inferiori a quelle del primo impatto ma superiori a quella di fuga dal satellite stesso. [35]

Trivia:

Esistono quattro tipi di impatti:

1)      Quelli primari causati da corpi esterni alla sfera di influenza del corpo impattato.

2)      Quelli secondari causati dagli ejecta dell’impatto primario che ricadono sul corpo impattato dopo una traiettoria parabolica o suborbitale. Questi sono gli eventi con la minore velocità di impatto che è sempre inferiore alla velocità di fuga dal satellite ( ). Questi si irradiano dal cratere principale e spesso formano catene di crateri.

3)      Quelli sesquinari in cui gli ejecta rimpattano il satellite dopo aver orbitato attorno al corpo principale. La loro velocità d’impatto è intermedia fra quella di fuga e quella orbitale ( ).

4)      Poi vi sono i dosquinari che sono come i sesquinari ma con velocità d’impatto più lenta. Si verificano quando il satellite orbita molto vicino al suo corpo principale e gli ejecta compiono solitamente poche orbite. Sono una via di mezzo fra i sesquinari e i secondari ma differiscono da questi ultimi perché sono influenzati principalmente dalla gravità del corpo principale.

I sesquinari e i dosquinari di Phobos sono interessanti per tre ragioni principali:

1)      La velocità di fuga è centinaia di volte inferiore a quella satellitare.  contro  per cui gli ejecta non si allontanano molto dalla luna.

2)      Il fatto che Phobos orbiti con un semiasse maggiore di , ben entro il limite di Roche  sottopone i detriti a forti distorsioni mareali.

3)      I parametri orbitali sono tali che il  ridottissimo tempo di riaccrescimento permette la formazione di catene di crateri  sesquinarie/dosquinarie facilmente identificabili e collegate col rispettivo cratere d’origine.

Orientamento e dimensione delle catene di crateri sono ottimi indicatori dell’età del cratere principale e della sua identità. [35]

Figura 7: : Posizioni e orientamenti delle scanalature mappate sulla superficie di Phobos. Le scanalature evidenziate in rosso correlano con le zone in razione, quelle in blu con le zone in compressione e potrebbero essere relitti del passato. Il punto di latitudine e longitudine 0 è il punto submarziano. Il punto di longitudine 180 e latitudine 0 è il punto antisubmarziano.
Credit: Tidal disruption of Phobos as the cause of surface fractures, JGR Planet, https://doi.org/10.1002/2015JE004943 [39]

Se questo non fosse sufficiente Phobos è anche scosso da eventi tellurici dovuto sia al moto di librazione di 5° che questo esperisce durante la sua orbita che allo stiramento mareale estremo dovuto al suo aver superato la linea di Roche.  La librazione è nu moto dovuto alla non perfetta circolarità dell’orbita. Infatti anche se i moti di rotazione e di rivoluzione sono sincroni la luna al periareo [41] viaggia più velocemente che al apoareo facendo in modo che il punto subareo (sub marziano) si sposti di alcuni gradi in longitudine con tutti gli stress che ne conseguono. Phobos è un mondo ravagliato.

Trivia:

Del tutto inaspettatamente il sismometro del lander InSight della NASA registra un’inclinazione al passaggio di Phobos solo in occasione delle eclissi che sono sempre e solo parziali e causano una diminuzione di luminosità fino al 30%. La causa di questa bizzarria è la deformazione termoelastica di uno strato al massimo millimetrico del terreno causata dal raffreddamento indotto dall’eclissi. [31] Questo permetterà di migliorare la determinazione dell’orbita di Phobos anche grazie al fatto che InSight è il lander del quale si conosce la posizione con maggiore accuratezza. [32] Per la precisione 4.50238417°N, 135.62344690°E, a un altitudine di −2,613.426 m rispetto all’areoide [34] MOLA (Mars Orbiter Laser Altimeter). [33] L’areoide è il geoide di Marte.

Figura 8: PIA10369 La fotocamera HiRISE del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA ha scattato questa immagine della più grande delle due lune di Marte, Phobos dalla distanza di circa 5.800 chilometri. Viene presentato a colori combinando i dati dei canali blu-verde, rosso e vicino infrarosso della fotocamera.

I colori accentuano i dettagli non evidenti nelle immagini in bianco e nero. Ad esempio, i materiali vicino al bordo di Stickney appaiono più blu rispetto al resto di Phobos. Basandosi su un’analogia coi materiali presenti sulla nostra Luna, ciò potrebbe significare che questa superficie è più giovane rispetto ad altre parti di Phobos. La risoluzione è di 4 metri per pixel. Sono ben evidenti le solcature che corrono lungo la superficie.Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Arizon

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Siate curiosi e pretendete le fonti.

Fonti, letture correlare e consigliate:

  1. Il Bombarolo, Storia di un impiegato, Fabrizio de André e Giuseppe Bentivoglio - 1973
  2.  Search Results for: Mars (NASA website)
  3.  Search result for: Phobos (NASA website)
  4. Discovery of satellites of Mars. Hall, A. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Vol. 38, No. 4, p.205-209. DOI: 10.1093/mnras/38.4.190

  1. Campbell, W.W. (1918). "The Beginning of the Astronomical Day". Publications of the Astronomical Society of the Pacific. 30 (178): 358. Bibcode:1918PASP...30..358Cdoi:10.1086/122784.
  2. Reference System – Time Convention (NASA)
  3. Time Zones and Universal Time (NASA website)
  4. Time (NAS Eclipse Web Site)
  5. LPL (Lunar & Planetary Laboratory) HiRISE
  6. Mars moon in high resolution. Nature 452, 797 (2008). https://doi.org/10.1038/452797b
  7. Deimos e Phobos (INAF Brera)
  8. Iliade (Monti)/Libro XV (Wikisource)
  9. Exploring the Recycling Model of Phobos Formation: Rubble-pile Satellites.
    Gustavo Madeira et al 2023 AJ 165 161
    DOI 10.3847/1538-3881/acbf53
  10. SETI in Russia, USSR and the post-Soviet space: a century of research
    https://doi.org/10.1016/j.actaastro.2019.04.030
  11. On exospheric drag as the cause of the supposed secular accelerations of Phobos
    https://doi.org/10.1029/JZ069i009p01825
  12. Carl Sagan and I. S. Shklovskii, Intelligent Life in the Universe (San Francisco: Holden-Day, Inc., 1966), p. 362.
  13. Carl Sagan official website
  14. 55 Years Ago: Mariner 4 First to Explore Mars
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