sabato 9 marzo 2024

Il gatto, Thanos dell'ecologia?

 

Il gatto

Kitty-Thanos o innocuo animale da compagnia?

Figura 1 Kitty-Thanos. Thanos è uno dei villain per eccellenza il cui principale scopo nella vita era l’eliminazione di metà di tutte le forme di vita dell’universo al fine di ristabilire l’equilibrio naturale rotto dalle specie senzienti quali H. sapiens.

Elaborazione dell'autore con Midjourney.

Figura 2 Gatto-Bastet. Rappresentazione del gatto come animale da compagnia prediletto.

Elaborazione dell'autore con Deep Dream Generator.


Disclaimer #1

Chi scrive non nega i danni causati da Felis catus in natura, non nega che in alcuni ambienti sia assolutamente da considerare specie aliena, non nega la ragionevolezza delle misure di contenimento della popolazione felina, non nega la necessità di una maggiore educazione dei proprietari al mantenimento del proprio gatto sia per quanto riguarda la salute fisica e psicologica che per quanto concerne la loro libertà di dare al mondo una progenie o vagare liberi. Purtroppo l’estrema polarizzazione che contorna questo tema rende necessario questo mio breve preambolo.

Lo scopo di questo articolo è il mettere in risalto un cattivo modo di fare scienza e divulgazione che fanno del catastrofismo e del sensazionalismo un punto di forza laddove invece dovrebbero prevalere una seria analisi dei dati, il buonsenso e la ricerca di una comunicazione efficacie, semplice, corretta e intellettualmente onesta.

Il gatto in internet, un tema scottante.

Sui social media moderni il tema del gatto domestico è uno di quelli maggiormente polarizzanti e capaci di suscitare reazioni emotive a tal punto da essere uno di quelli che generano la maggior quantità di traffico dati in internet. [3,4,5,6] L’estrema popolarità di questo tema spiega anche il perché esso venga spesso utilizzato con malizia proprio per generare grandi volumi di interazioni, spesso spinte da reazioni viscerali e sproporzionate rispetto alle notizie, sia fra chi difende i mici a spada tratta che fra chi li accusa di essere il male ecologico per eccellenza. Queste reazioni emotive non mancano di manifestarsi anche quando la fonte non è un meme, un post o un video su YouTube ma una pubblicazione scientifica. L’estremo legame affettivo fra H. sapiens e Felis catus è probabilmente in parte dovuto anche alla neotenia di quest’ultimo e al fatto che i suoi vocalizzi spaziano in quel ventaglio di frequenze tipici dei neonati e dei bambini piccoli che per ragioni squisitamente evolutive suscitano i noi umani una pronta reazione e stimolano gli istinti genitoriali ad accudire la prole.

Questa premessa ci conduce al 12 dicembre 2023, data nella quale la rivista Nature Communication [9] pubblica uno studio open access [1] dal titolo “A global synthesis and assessment of free-ranging domestic cat diet[2] (Una sintesi globale e una valutazione della dieta dei gatti domestici liberi). Come preannunciato anche questo studio ha scaldato gli animi al punto che molti divulgatori in tutto il globo hanno deciso di trattarlo. Alcuni di essi, purtroppo, in modo intellettualmente disonesto.

Ma quello che più concerne questo articolo è un altro studio sul gatto domestico (Felis catus) intitolato “License to Kill? Domestic Cats Affect a Wide Range of Native Fauna in a Highly Biodiverse Mediterranean Country” (Licenza di uccidere? I gatti domestici influenzano un’ampia gamma di fauna autoctona in un paese mediterraneo ad alta biodiversità) pubblicato in data 13 dicembre 2019 su Frontiers in Ecology and Evolution. In particolare esporrò un’analisi delle ragioni che hanno motivato la missiva inviata in data 19 gennaio 2020 da Giulio Valentino Dalla Riva, Senior Lecturer presso la University of Canterbury in Nuova Zelanda, nella quale esprimeva delle preoccupazioni circa sia i refusi che i risultati mostrati nella pubblicazione di Mori et al. Al fine di chiederne il rigetto. Più avanti chiarirò le ragioni per le quali ho citato anche lo studio apparso su Nature Communication.

Mi sono imbattuto nello studio di Mori E. et al. fortuitamente e subito vi ho riscontrato alcune criticità. Ma avendo studiato altro e scrivendo solitamente di astronomia mi sono confrontato con  alcuni specialisti per fugare il dubbio che non fossi io ad aver male interpretato lo studio o semplicemente in errore. Ma il confronto e la successiva analisi della lettera di richiesta di rigetto della pubblicazione mi hanno persuaso di non aver preso il proverbiale granchio.

Le criticità.

La descrizione e l’analisi dello studio e delle sue parti problematiche sono relative alla prima versione pubblicata in data 13 dicembre 2019, cioè prima del corrigendum [11] del 29 ottobre 2020 pubblicato sulla stessa rivista anch’esso come open access. Il corrigendum si è reso necessario come conseguenza della lettera di richiesta di rigetto della pubblicazione inviata all’editore capo. Questa versione corretta dello studio ci fa anche capire che la richiesta non era infondata. Il perché si sia deciso di ricorrere ad un corrigendum, che alcuni hanno definito come la proverbiale pezza che è peggio del buco, invece di rigettare la pubblicazione in toto è una faccenda un po’ più complessa che ha a che fare con alcuni, non sempre ottimi, meccanismi dell’editoria che tratteremo più avanti nell’articolo.

Lo studio si apre affermando che il gatto domestico è considerato, fra gli animali da compagnia, uno dei maggiori rischi per la conservazione della fauna selvatica specificando che questa affermazione è palese per gli ambienti insulari e che invece per la terraferma vi è una carenza di dati.

Segue poi un’affermazione circa il fatto che l’Italia sia il Paese europeo con la più alta biodiversità (implicitamente faunistica e terrestre?) senza che essa venga supportata prove in bibliografia. Pur essendo indùbbio che l’Italia (in realtà tutto il bacino mediterraneo e i Balcani) sia un hot spot di biodiversità un’affermazione forte come quella relativa al suo primato andrebbe ben giustificata con fonti primarie.

Segue una dichiarazione di intenti dello studio il quale vuole stabilire il valore dello spettro di predazione specificando poi, nel capitolo “introduzione”, che gli autori vogliono valutare l’impatto della predazione dei gatti domestici sulla struttura funzionale delle comunità di vertebrati in Italia e quantificarne la pressione predatoria.

Lo studio si basa su due set di dati:

1)      il primo perviene da un progetto di citizen science collezionato da un campione di 145 gatti di 125 proprietari diversi.

2)      il secondo è relativo a 21 gatti, facenti parte del gruppo di cui sopra, che sono stati, in aggiunta rispetto agli altri, monitorati dai ricercatori per un anno. Le modalità di questo monitoraggio non sono esplicitate nella pubblicazione e per questo risultano ignote.

La citizen science ha fatto anche cose buone.

I dati della citizen science sono pervenuti sotto forma di foto geolocalizzate e, come quelle del gruppo più piccolo, ritraggono (o dovrebbero) le specie predate e riportate a casa dai gatti. Lo studio cita 2042 eventi di predazione e 2042 foto per una totale di 207 specie predate. Le problematiche riguardo questi set di dati sono molteplici:

1)      I volontari sono stati reclutati tramite mailing list, gruppi Facebook e volantini distribuiti presso alcune sedi universitarie. Non è chiaro come siano stati randomizzati i volontari, se sono statisticamente rappresentativi ed è per ciò lecito sospettare che per via del tema trattato e dei metodi di reclutamento il set possa essere affetto da bias.

2)      Perché i 21 gatti? Perché solo 21? Come e perché sono stati scelti specificamente quei 21 gatti? Queste domande non hanno risposta a causa di carenze o nella redazione dello studio o nella sua strutturazione. Non ci è dato sapere quale di queste sia la ragione di questa manchevolezza.

3)      I 145 gatti come erano distribuiti fra i 125 proprietari? Ancora una volta lo studio non lo chiarisce. Potrebbe anche essere che 124 proprietari abbiano un gatto ognuno e tutti i restanti facciano parte di una colonia. Questi erano tutti i gatti di quei 125 proprietari o solo una parte di essi? Se erano solo una parte, erano solo quelli attivi nella caccia? La mancanza di questi dati apre un portone alla possibilità che tutto lo studio sia affetto da un gravoso bias.

4)      Il campione di 145 gatti è statisticamente carente nel senso che è estremamente ridotto perché possa rappresentare la popolazione di gatti domestici italiani considerandone età, sesso, alimentazione, areale et cetera; quello di 21 lo è ancora di più soprattutto se si pensa che lo studio ha la pretesa di estrapolare da questi dati delle conclusioni sensate per una popolazione felina Italiana di gatti domestici che gli autori stimano, senza fornirne prova alcuna, in 10 milioni di individui.

5)      Abbiamo un riferimento solo circa il sesso dei gatti in esame e la distanza della loro residenza dalla campagna. Mancano dati utili quali l’età e altre abitudini alimentari. Sarebbe utile sapere quanti di questi gatti vengono nutriti in casa, come e con quale frequenza.

6)      L’identificazione tassonomica delle specie predate è dubbia per almeno due motivi:

a)      Identificare piccole specie tramite foto scattate da non professionisti può essere molto difficile e nella pubblicazione non vi è traccia del processo identificativo. Non è un caso che i luoghi sul web dedicati all’identificazione delle specie, sia animali che vegetali, pullulino di meme relativi a richieste di identificazione tramite foto a dir poco inappropriate.

b)      Non è chiaro quante delle foto ricevute siano state accettate e nel caso che alcune siano state scartate nello studio non vi è traccia di esse. Questo è importante perché il dato è significativo al fine dei calcoli.

7)      Il set di foto non è mai stato reso disponibile per una questione di riservatezza e non è chiaro il perché non si possano rendere disponibili le sole foto raffiguranti le predazioni scevre dei dati sensibili dei cittadini. Cito testualmente dal corrigendum:

“The datasets used for analysis in this study can be found in online repositories [https://github.com/drmarcogir/cats]. Photos, sensitive data and coordinates of owner's houses analyzed in this study are subject to the following licenses/restrictions [National Law 633/1941 and following integrations, DL 196/2003; General Data Protection Regulation – EU Regulation 2016/679] and cannot be shared also in line with assurance provided to citizen-scientists”

I set di dati utilizzati per l'analisi in questo studio possono essere trovati negli archivi online [https://github.com/drmarcogir/cats]. Le foto, i dati sensibili e le coordinate delle abitazioni dei proprietari analizzate in questo studio sono soggetti alle seguenti licenze/limitazioni [Legge Nazionale 633/1941 e successive integrazioni, DL 196/2003; Regolamento generale sulla protezione dei dati – Regolamento UE 2016/679] e non possono essere condivisi anche in linea con le garanzie fornite ai cittadini-scienziati

Il grossetto nella citazione testuale è mio e non degli autori della ricerca.

Disclaimer #2

Quanto scritto non è e non vuole essere né negli intenti né nella forma un attacco alla citizen science in toto. Questo tipo di approccio alla scienza, moderno, innovativo ed estremamente coinvolgente ha portato a risultati importanti in diverse discipline che spaziano dalle scienze biologiche allo studio di esopianeti. [36,37,38,39] Gli esempi non mancano e fra questi non mancano le eccellenze. Ma la citizen science è e rimane uno strumento che, come tutti gli strumenti,  può essere utilizzato bene o male e con fini etici e/o conformi alla deontologia o malevoli.

 

L’analisi statistica, statisti-che-cosa?

Figura 3 Math-Kitty.

Credit: Emiliano Girina con Deep Dream Generator [19].


Lo studia afferma che sul territorio italiano è stimata la presenza di 10.000.000 (10 milioni) di gatti domestici ma la fonte riportata per questa affermazione è un sito web [12] che oltre a non essere una classica fonte bibliografica o fonte primaria per una articolo scientifico, ad una mia analisi, sembra non contenere il dato in questione. Lo studio difetta inoltre anche nello stabilire la popolazione italica delle prede citate; quindi stando ai dati resi disponibili non è possibile sapere quale sia la reale portata della predazione dei gatti esaminati. I dati sono limitati alle prede riportate a casa e notate dai proprietari. Per queste e altre ragioni nella lettera di richiesta di rigetto si arriva alla conclusione che gli autori, stanti i dati da loro forniti, non solo non potevano stimare la pressione di predazione ma al massimo potevano arrivare a stabilire l’abbondanza tassonomica relativa delle prede nella dieta dei gatti soggetto dello studio.

Nella stessa lettera si legge che, per loro ammissione, gli autori non hanno né i dati necessari né hanno provato a superare il bias di selezione delle prede. Notevole!

I tecnicismi sono esplicitati nella missiva la quale è e deve essere strutturata come una pubblicazione scientifica. In questo caso specifico esplicita i metodi e giustifica ogni affermazione in bibliografia.

Inoltre, e questo è molto grave, la suddivisione tassonomica delle prede è riportata con percentuali con errori matematici nel calcolo. Delle 207 specie diverse contate dagli autori ne vengono elencate solo 180. Percentualmente la differenza è enorme.

 

Specie esotiche, anche troppo esotiche.

Nell’elenco delle specie predate compaiono alcune delle quali non è nota la presenza nell’areale coperto dai gatti oggetto di indagine. Nello specifico due specie endemiche di Sardegna e Corsica (Archaeolacerta bedriagae e Podarcis tiliguerta) [13] sono state identificate fra le specie predate dai 21 gatti selezionati anche se nessuno di questi si trovava su una delle due isole.

Figura 4 Esemplare di Archaeolacerta bedriagae. Aggius, Sardegna, 19/10/2021.

Credit: Eurolizards, https://www.eurolizards.com/lizards/archaeolacerta-bedriagae/


Figura 5 Esemplare di Podarcis tiliguerta. Sassari, Sardegna, 19/10/2021.

Credit: Eurolizards, https://www.eurolizards.com/lizards/podarcis-tiliguerta/


 

Podarcis filfolensis è noto solo in Malta, Linosa, Lampione, e Lampedusa. Compare sia fra le prede dei 21 gatti che fra quelle del gruppo esteso ma nessuno dei 21 gatti vive su queste isole o in Sicilia e nessuno dei restanti gatti del gruppo esteso su alcuna delle isole minori pur essendo presenti in Sicilia.

Ancora più peculiare è il caso di Tarsiger cyanurus [14,15] che non vive normalmente in Italia. Il suo areale si estende in Asia orientale e nell’Europa nordorientale. Potrebbe arrivare anche in Italia in casi sporadici.

Con un po’ di umorismo si potrebbe affermare che il maggior pregio di questo studio è stato l’ampliamento dell’areale noto di queste specie fra le quali alcune potrebbero non essere più considerate endemiche di alcune isole o, addirittura, aliene li dove sono state predate.

Va a finire che alla fine i gatti hanno fatto anche cose buone predando specie aliene.

Altre considerazioni.

Nello studio si descrive il gatto domestico come un predatore apicale. In letteratura scientifica questo animale è però considerato un mesopredatore: è cioè sia preda che predatore. In natura è predato almeno da cani, volpi e lupi. Questo fatto ha implicazioni non trascurabili quando si va a prendere in considerazione quella frazione di gatti domestici che si rinselvatichiscono in quanto non ci è dato sapere quanti di essi sopravvivano entro un dato lasso di tempo.

Nella pubblicazione gli autori affermano che l’utilizzo di collarini con campanellino non ha effetto sulla predazione ma è curioso che il primo firmatario della pubblicazione sia revisore di uno studio [40] pubblicato il 25 aprile 2022 sulla stessa rivista di quello in esame che afferma che i campanellini e altri sistemi comparabili riducono, non di poco, il numero di prede riportate a casa dai gatti domestici liberi di vagare. Curiosamente a questa pubblicazione ne è seguita una di commento [41] con alcune correzioni.

Se questa è solo una  curiosità che nulla ci dice sulla qualità dei due studi il fatto dei collari con campanellini nello studio in questione solleva un altro interrogativo: quanti dei gatti portavano il campanellino?, per quanto tempo? Il campanellino ha avuto un effetto paragonabile su tutti i gatti o alcuni ne erano più o meno affetti? L’utilizzo del campanellino aveva per caso un effetto rivelabile nella caccia di alcune specie o classi di prede specifiche? Tutte queste domande rimangono senza risposta.

Lo studio di Mori E. et al. riporta che il più comune animale da compagnia preda un gran numero di specie che sono, a diversi gradi, minacciate e salta dalla lista IUCN Italy [20] alla IUCN International [21] senza soluzione di continuità tanto che spesso non si capisce a quale delle due liste stia facendo riferimento. Può sembrare una questione di lana caprina ma non lo è in quanto il fatto che una specie sia minacciata a livello europeo non significa che lo sia anche nel territorio italiano e viceversa. Inoltre omette di specificare le cause pristine che hanno portato le suddette specie in una condizione di rischio. A livello globale le principali cause di estinzione sono la riduzione e la frammentazione dell’habitat causati da H. sapiens. Il gatto domestico appare spesso in letteratura come la principale e più pericolosa specie aliena a livello globale ma è curioso come non si consideri mai di menzionare H. sapiens al primo posto. La ragione è squisitamente tecnica e legata alla definizione di specie aliena.

Cito testualmente dal sito dell’EFSA (European Food Safety Authority): [22]

“An alien species – animal, plant or micro-organism – is one that has been introduced as a result of human activity to an area it could not have reached on its own.”

Una specie aliena – animale, pianta o microrganismo – è una specie che è stata introdotta a seguito dell’attività umana in un’area che non avrebbe potuto raggiungere da sola.

Risulta chiaro che un essere umano non può, per definizione, essere considerato un organismo alloctono. Ma il problema è, come per gli OGM, la definizione. Due piante anche geneticamente identiche potrebbero essere considerate OGM o meno a seconda di come è stata ottenuta la mutazione.

Parafrasando: alloctono è quando l’arbitro fischia.

Questo chiarimento, sia ben chiaro, non è uno statuo in favore del gatto. È una semplice presa di coscienza del fatto che i dati vanno raccolti ed elaborati sufficientemente e correttamente. Non è nemmeno un arringa in difesa del gatto domestico in quanto chi scrive è consapevole dei danni che esso ha apportato. Ma è epistologicamente e metodologicamente errato operare certe inferenze. Non è scontato, in mancanza di prove contrarie, esportare il contesto isolano delle Hawaii al territorio italiano.

Peer reviewed, come se fosse antani.

Ma è la mancanza delle prove fotografiche, o meglio la presenza di prove censurate, che mina alla base e in senso epistemologico lo studio perché ne preclude la falsificabilità e, almeno parzialmente, la ripetibilità. È difficile capacitarsi del fatto che tali grossolani errori e/o mancanze siano passate inosservate al vaglio della revisione paritaria, del curatore e dell’editore.

Frontiers non è nuova a casi peculiari. Per esempio in data 13 gennaio 2024 (quindi molto dopo la pubblicazione dell’articolo sui gatti) viene pubblicato uno studio dal titolo “Cellular functions of spermatogonial stem cells in relation to JAK/STAT signaling pathway[17] nel quale le immagini a corredo sono generate tramite l’utilizzo di AI. Nulla di scandaloso, sia chiaro, a meno di non andare a controllare le immagini, le quali risultano del tutto senza senso e con didascalie incomprensibili.



Figura 6 (a, b e c) Immagini AI generated apparse nella pubblicazione " Cellular functions of spermatogonial stem cells in relation to JAK/STAT signaling pathway ".

Credit: Creative Commons Attribution License (CC BY), Guo X, Dong L and Hao D (2024) Cellular functions of spermatogonial stem cells in relation to JAK/STAT signaling pathway. Front. Cell Dev. Biol. 11:1339390. doi: 10.3389/fcell.2023.1339390

In data 25 febbraio 2024 quest’ultima pubblicazione risulta ritirata [42] con la seguente motivazione:

“Following publication, concerns were raised regarding the nature of its AI-generated figures. The article does not meet the standards of editorial and scientific rigor for Frontiers in Cell and Developmental Biology; therefore, the article has been retracted.”

Dopo la pubblicazione, sono state sollevate preoccupazioni riguardo la natura dei dati generati dall'intelligenza artificiale. L'articolo non soddisfa gli standard di rigore editoriale e scientifico di Frontiers in Cell and Developmental Biology; pertanto l'articolo è stato ritirato.

Per quanto non si possa che essere soddisfatti dell’epilogo rimane da capire come sia stato possibile che una tale stortura abbia superato la revisione paritaria. I due revisori della pubblicazione hanno dichiarato [43] che la responsabilità circa le Immagini AI-generated e che questa responsabilità compete l’editore. Di altro avviso è invece l’altra rivista già citata in questo articolo: Nature che in data 07 giugno 2023 ha annunciato [44] di aver bannato le immagini AI-generated dalle sue pubblicazioni.

Ci sarebbe poi da aprire un enorme capitolo sulle pubblicazioni scientifiche, in gran parte cinesi ma non solo, generate in più o meno ampia parte con  AI e LLM ma questo esula dallo scopo di questo articolo.

Di pertinente c’è invece il problema dell’open access in letteratura scientifica. L’editoria scientifica ha dei costi (produzione del cartaceo, costruzione e mantenimento della produzione digitale, revisione, spese legali et cetera) e giustamente deve rientrare di questi costi cercando anche di generare un profitto. Gli editori incassano tramite gli abbonamenti e la vendita dei singoli numeri delle loro riviste, tramite l’accesso on-line a pagamento per i singoli articoli che quindi sono accessibili solo oltre un paywall o facendo pagare gli autori o le istituzioni per cui lavorano o, ancora, chi finanzia lo studio. Gli incassi dell’editoria predatoria si basano prevalentemente su quest’ultima forma di incasso. Questo non significa che una pubblicazione scientifica distribuita come open access sia da considerare di scarso o nullo valore solo perché è consultabile gratuitamente. Non dimentichiamo che capita, purtroppo, che alcuni autori decidano consapevolmente di pubblicare i loro lavori su testate predatorie anche se questi sono di buona qualità. [35] Credetemi quando affermo che il dibattito sui modi e i meriti dell’editoria scientifica e sull’etica delle pubblicazioni in generale è feroce.

Predatori. Si ma quali?

Figura 7 Le valutazioni su quali riviste potrebbero essere predatorie o legittime non coincidono e i titoli possono apparire in entrambe le categorie. Non c'è modo di sapere quali riviste sono state prese in considerazione per un elenco ma sono state lasciate o quali non sono state prese in considerazione. Tradotto dall’articolo di Nature.
Credit: Nature 576, 210-212 (2019) doi: https://doi.org/10.1038/d41586-019-03759-y [45]

Ricordiamo che Frontiers era già stata inserita nella lista delle cosiddette riviste predatorie da PredatoryReports.org [24]. Questo motivò il suo editore  a pubblicare una lettera aperta indirizzata ai suoi lettori nella quale oltre a difendere la rivista stessa accusa gli autori del sito affermando  [25] che essi:

deliberately seek to undermine our organization, our community, and the open access movement by disseminating false information about Frontiers.”

cercano deliberatamente di indebolire la nostra organizzazione, la nostra comunità e il movimento per l’open access diffondendo false informazioni su Frontiers.

Un altro articolo di difesa da PredatoryReports.org afferma che quest’ultimo sia un sito di disinformazione; [26] cito testualmente:

“Frontiers has been listed on a misinformation website called predatoryreports.org. The website’s ownership and purpose are deliberately unclear, and the information provided both in its blog and journal listings is incorrect. The website claims to help researchers to identify trusted publishers, however, its lack of accountability, ethical oversight, committee support, or appeal process shows that its content cannot be relied upon.”

Frontiers è stato inserito nell'elenco di un sito di disinformazione chiamato predatoryreports.org. La proprietà e lo scopo del sito web sono volutamente poco chiari e le informazioni fornite sia nel blog che negli elenchi delle riviste non sono corrette. Il sito web afferma di aiutare i ricercatori a identificare editori affidabili, tuttavia, la sua mancanza di responsabilità, supervisione etica, supporto da parte di comitati o processo di appello dimostra che non è possibile fare affidamento sul suo contenuto.

In entrambi questi virgolettati il grossetto è mio e non degli autori del testo originario.

Entrambe le accuse sono abbastanza “forti”.

Una rivista (scientifica) predatoria è un’entità editoriale (cartacea e/o on-line) che, previo pagamento, accetta e pubblica lavori scientifici di qualunque qualità. Nei casi peggiori vengono pubblicati dei completi nonsense e/o fandonie. Cito a titolo di esempio uno studio intitolato “Cyllage City COVID-19 Outbreak Linked to Zubat Consumption (L’epidemia di Cyllage City COVID-19 è collegata al consumo di Zubat). Zubat, per chi non lo sapesse è un pokemon.

Alcune persone sono disposte a pagare, spesso con soldi provenienti dai finanziamenti alle loro ricerche, col solo scopo di accrescere la loro visibilità scientifica grazie ad una distorsione verso l’alto degli indici legati alla produzione scientifica dei ricercatori. Uno di questi è l’H-index ma ne esistono altri.

Questo significa che Frontiers è una rivista predatoria? No, ma credo che quanto scritto finora possa per lo meno mettere in dubbio la qualità del loro lavoro di revisione. Una veloce ricerca on-line [27] mostra che Frontiers non è nuova a questo tipo di diatribe circa la sua credibilità editoriale. Durante le ricerche finalizzate alla stesura di questo articolo ho partecipato ad alcune discussioni on-line alle quali hanno partecipato anche revisori di Frontiers i quali svolgono il loro lavoro con estremo zelo e adesione alla deontologia che gli compete.

Disclaimer #3

Quanto scritto in questo articolo non è una critica al lavoro di tutti i singoli revisori che prestano le loro competenze a Frontiers la quale pubblica anche buona scienza. Questo articolo è invece una critica ad alcuni casi specifici editoria.

Rischio VS Pericolo.

La letteratura scientifica è chiara nell’affermare che il gatto domestico sia una specie invasiva e dannosa in quegli ecosistemi nei quali è alloctona.

Questo ci porta ad almeno un’altra considerazione: il gatto domestico può essere considerato sempre e dovunque alloctono (alieno)? Abbiamo prove del fatto che la convivenza con l’animale da compagnia più diffuso al mondo risalga almeno a circa 10.000 anni fa e nello specifico questa evidenza ha sede in un sito archeologico in Cipro, la grande isola nel mediterraneo orientale.

600 milioni, questa è una stima del numero di gatti che vivono fra noi H. sapiens in tutto il mondo. La cifra è impressionante e non da sottovalutare.

A differenza di un cane, un gatto che dovesse trovarsi a vivere da solo sopravviverebbe abbastanza bene grazie alle sue capacità predatorie. Ma perché il gatto domestico è un così efficace predatore? La risposta va ricercata nella peculiarità della sua domesticazione.

Cosa è il pericolo e in cosa si differenzia dal rischio? Il pericolo è una qualità intrinseca di un entità: un leone è pericoloso, una colata lavica è pericolosa, un patogeno è pericoloso. Ma queste entità rappresentano anche un rischio? La risposta è “dipende”. Il rischio è relativo. Per un abitante delle fiandre, quale è il rischio di incorrere in un leone? Credo che a differenza di un abitante della savana sia quasi nullo. Un nordeuropeo non vive in una zona vulcanica e ha accesso ad un sistema sanitario evoluto ed efficace; quindi i suoi rischi relativi a leoni, vulcani e patogeni sono bassi. E se fosse un basurero in una bidonville, e se vivesse alle pendici di un vulcano attivo? La risposta è ovvia: rischierebbe molto di più.

Possiamo formulare un ragionamento simile per il gatto domestico. Esso è pericoloso ma il rischio che rappresenta per gli ecosistemi è relativo. Per quanto mi è dato sapere tutti gli studi scientifici concordano sul fatto che Felis catus arrechi danno laddove è alieno, specialmente nelle isole ma anche in grandi territoti e sul suolo continentale.

Ma per quanto riguarda la terraferma e specialmente quelle regioni nelle quali i felini di piccola taglia sono autoctoni? In questi areali quale rischio rappresenta Felis catus per la fauna autoctona? E dopo quanto tempo dopo l’inserimento di una specie in un ecosistema si può smettere di considerarla alloctona?

Tutte queste domande necessitano una risposta affinché si possa stimare il rischio che la popolazione di gatti domestici rappresenta per gli ecosistemi e le valutazioni devono essere territorio-specifiche.

Questo ci porta ad un’altra criticità che riguarda sia la pubblicazione in esame che l’interpretazione che è stata fatta di molti studi simili, anche ben fatti.

Qualità VS Quantità.

Sia lo studio apparso su Nature Communication che quello pubblicato fu Frontiers in Ecology and Evolution offrono un quadro qualitativo ma non quantitativo. Ci dicono che il gatto domestico preda in natura, ci dicono cosa preda e magari anche come preda. Il primo dei due studi citati riferisce che il nostro tenero micio da salotto preda più di 2.000 specie diverse fra le quali anche alcune più grandi di lui e di queste 300 sono, a vario grado, minacciate di estinzione. Ma in mancanza di altri dati (quali la quantità e la distribuzione della popolazione di Felis catus, quanti di questi abbiano libero accesso all’aperto, come e quanto vengano nutriti et cetera e dati simili circa le popolazioni delle specie predate senza dimenticare la predazione da parte di animali che non sono i gatti) è molto difficile calcolare stime della pressione predatoria che i nostri gatti esercitano in natura sia dove i piccoli felidi sono autoctoni che dove sono alloctoni.

Questo non significa che chi scrive stia negando i danni causati dai gatti domestici. Significa altresì che le conclusioni di uno studio condotto in Australia, nelle Hawaii o in altre isole non possano essere automaticamente trasposte ad un territorio in cui il gatto domestico, o per lo meno il suo parente prossimo selvatico, siano autoctoni.

Questo ci conduce ad un altro argomento.

Origini del gatto domestico.

Recenti studi hanno chiarito il dilemma su quale sia l’antenato da cui ha avuto origine il gatto domestico. Ce ne parla Carlos A. Driscoll, primo firmatario di “The Taming of the Cat[18] (La domatura del gatto). Driscoll ci spiega che grazie ad un esteso studio di genetica con circa 1.000 campionamenti si è capito che delle 5 sottospecie di gatto selvatico (Felis silvestris) il gatto domestico (Felis silvestris catus) ha avuto origine da quella mediorientale (Felis silvestris lybica).

Figura 8 I ricercatori hanno esaminato il DNA appartenente a quasi 1.000 gatti selvatici e domestici provenienti da tutto il Vecchio Mondo per determinare quale sottospecie del gatto selvatico, Felis silvestris, abbia dato origine al gatto domestico. Hanno scoperto che il DNA si raggruppava in cinque gruppi, in base alla somiglianza della sequenza, e hanno notato che i gatti selvatici all’interno di ciascun gruppo provenivano dalla stessa regione del mondo (mappa). I gatti domestici, invece, fanno gruppo solo con F. silvestris lybica, il gatto selvatico del Medio Oriente. Questo risultato ha stabilito che tutti i gatti domestici discendono solo da F. s. lybica (albero genealogico).

Credit: Driscoll CA, Clutton-Brock J, Kitchener AC, O'Brien SJ. The Taming of the cat. Genetic and archaeological findings hint that wildcats became housecats earlier--and in a different place--than previously thought. Sci Am. 2009 Jun;300(6):68-75. PMID: 19485091; PMCID: PMC5790555.


Per quanto riguarda, invece,  “il quando” la faccenda è invece stata analizzata grazie alle scoperte degli archeologi perché i meccanismi molecolari, i cosiddetti orologi molecolari che permettono di risalire al momento in cui due specie (o sottospecie) hanno iniziato a separarsi, falliscono su tempi scala della decina di migliaia di anni.

In estrema sintesi, siccome esistono tracce del topo domestico (Mus musculus domesticus) in luoghi di conservazione del grano che risalgono a 10.500-9.500 anni fa, siccome questo animale è la preda d’elezione del gatto e siccome la presenza e abbondanza del topo negli insediamenti umani è ritenuta una delle condizioni che hanno spinto il gatto selvatico ad avvicinarsi agli accampamenti degli umani è lecito supporre che le prime convivenze, magari a debita distanza, e le prime forme di gatto protodomestico risalgano a quel periodo.

Le prime tracce di convivenza pacifica, e magari affettuosa, fra umano e gatto risalgono invece ad almeno 9.500 anni fa. Questo dato di è fornito dalla scoperta di una sepoltura doppia (umano e gatto) a Cipro. È da notare che il gatto non è nativo dell’isola per cui vi deve essere stato condotto via mare dagli umani. La doppia sepoltura ci fa legittimamente supporre che l’animale non umano avesse un ruolo affettivo di qualche tipo per il suo compagno di sepoltura o la sua famiglia.

Da li in poi la strada che ha portato alla “completa” domesticazione (forse in parte autodomesticazione) del gatto era spianata e si arriva all’Egitto di 3.600 anni fa fra le cui pitture compaiono gatti in atteggiamenti del tutto domestici: accovacciati sotto le sedie o che mangiano da una ciotola. In estrema sintesi:

ü  10.500–9.500 anni fa resti di topi domestici conservati con riserve umane di grano in Israele; L’origine dell’agricoltura e degli insediamenti umani permanenti crea opportunità per i gatti disposti ad avvicinarsi abbastanza agli esseri umani per cacciare i topi domestici.

ü  9.500 anni fa Doppia sepoltura umana e felina sull'isola mediterranea di Cipro; prime prove di una relazione speciale tra persone e gatti.

ü  3.700 anni fa Statuetta di gatto in avorio scolpita in Israele; suggerisce che i gatti fossero una vista comune intorno agli insediamenti umani nella Mezzaluna Fertile.

ü  3.600 anni fa gli artisti dipingono gatti domestici di Tebe, in Egitto; la più antica testimonianza chiara di un gatto completamente addomesticato.

ü  2.900 anni fa i gatti diventano “divinità ufficiale” dell'Egitto sotto forma della dea Bastet; l'enorme numero di gatti sacrificati e mummificati nella sua città sacra indica che gli egiziani allevavano gatti domestici.

ü  2.300 anni fa Il culmine del culto dei gatti in Egitto; i sovrani tolemaici mantengono severi divieti sull'esportazione di gatti.

ü  2.000 anni fa i resti di gatti conservati nel sito tedesco di Tofting nello Schleswig e i crescenti riferimenti ai gatti nell'arte e nella letteratura mostrano che i gatti domestici erano comuni in tutta Europa.

ü  1350–1767 Il Tamara Maew (o “Poesie del libro dei gatti”), composto da monaci buddisti in Thailandia, descrive le razze naturali indigene, come il siamese, che sono nate in gran parte attraverso la deriva genetica, in opposizione all'intervento umano.

ü  1800 Secondo gli scritti dell'artista inglese di storia naturale Harrison Weir la maggior parte delle razze moderne si sviluppò nelle isole britanniche

ü  1871 La mostra felina al Crystal Palace di Londra è la prima a includere razze create dall'uomo.

ü  2001 Nasce il primo animale domestico clonato, un gattino chiamato "cc", al College of Veterinary Medicine della Texas A&M University.

Questa timeline è liberamente tratta e tradotta dall‘articolo di Driscoll et al. [18] The Taiming of the Cat.

Quindi, a seconda del territorio, il gatto “domestico” è presente da quasi 10.000 anni. È lecito chiedersi dopo quanto tempo dall’introduzione una specie non dovrebbe più essere considerata aliena? Dopo quanto inizia a crearsi un nuovo equilibrio ecologico? La risposta breve è: non abbiamo una risposta certa.

In molti si sono domandati il perché delle peculiarità del gatto come animale domestico soprattutto quando lo si paragona ad altri. Normalmente gli animali domestici vivono bene in gruppo e non sono in grado di sopravvivere, o vivere bene, in natura al di fuori della cattività. Il gatto domestico invece è un animale che sta bene da solo e quando rinselvatichito può provvedere a se stesso, sa predare e non dipende da fonti di alimentazione umane. La ragione di questo sta nel fatto che il gatto è stato tollerato, e poi voluto, proprio per le sue capacità predatorie per cui in antichità non ha attraversato una fase di selezione artificiale che gliele abbia fatte perdere. Per quanto riguarda la capacità di vivere in gruppo il gatto domestico lo fa “volentieri” a patto di avere risorse sufficienti. Ma è proprio questa sua capacità predatoria che lo rende, nel giusto contesto, una minaccia potenziale per la fauna autoctona. Questo ci porta al successivo argomento.

Il gatto è pericoloso? Si, ma per chi?

Il mondo della divulgazione spesso ignora questo argomento, forse perché ha un basso appeal rispetto al gatto killer, ma la specie più minacciata (direttamente e sicuramente) dal gatto domestico è il gatto selvatico. Qui entra in gioco la quantità enorme di gatti domestici in vita. Alcuni di essi, con grandi differenze a seconda del contesto sociale, tornano in libertà, vuoi per abbandono o perché partoriscono lontano dalla casa che condividono con l’umano. Questo fa si che alcuni, forse troppi, di essi finiscano con l’accoppiarsi, e riprodursi, con gatti selvatici col risultato di “inquinare” geneticamente e comportamentalmente il loro cugino selvatico. A causa di diversi fattori fra cui la loro estrema vicinanza genetica (che porta ad una facile “ibridazione”) i gatti selvatici puri da utilizzare per il mantenimento della specie stanno, in alcuni areali, diminuendo in percentuale rispetto alla popolazione totale. Ci sono poi casi come quello scozzese in cui il gatto selvatico è estinto. [46] In natura il primo antagonista per un animale è un altro animale che compete con esso per le stesse risorse nello stesso areale. I Gatti domestici e selvatici fanno esattamente questo. Mi vogliano perdonare gli specialisti per l’estrema semplificazione. Il prossimo passo di questo filo narrativo è la

Cattiva divulgazione.

Molti canali divulgativi purtroppo rincorrono la notorietà sfruttando più le tecniche del marketing e/o il clickbait che non la produzione di contenuti di qualità. Questo fa si che certi content creator periodicamente (ri)tirino fuori tutta una serie di argomenti fortemente polarizzanti, spesso senza la minima intenzione di spiegare ai fruitori dei loro contenuti  come stanno i fatti e dove e perché questi ultimi sbaglino in quei ragionamenti che li portano a tifare per una tesi piuttosto che per un’altra.

Spesso vengono proposti contenuti basati su informazioni “scientificamente vere” (non mi addentrerò in quel ginepraio epistemologico, logico e filosofico che è la definizione di verità) ma proposte in modo fuorviante passando dalla decontestualizzazione alla vera e propria argomentazione fallace. Si mostrano studi che analizzano e dimostrano i danni del gatto domestico in questa isola o in quel territorio per poi giustificare l’affermazione secondo la quale Felis catus è pericoloso e dannoso sempre e comunque,  soprattutto per le specie che preda, anche laddove esistono altri felini di piccole dimensioni suoi diretti competitori.

Si citano questo e quello studio (vedasi i primi due che ho citato in questo articolo) che dimostrano che il gatto domestico caccia oltre 2.000 specie diverse [22] omettendo però di citare che di quelle specie minacciate, in tutta la letteratura scientifica, è registrata una sola predazione. E da questo si cerca di inferire che il gatto domestico minaccia quella specifica specie che magari è a rischio per tutt’altre ragioni. In molti tacciano questo di benaltrismo ma non lo è, o almeno non lo è se il ragionamento viene portato avanti correttamente. Chi scrive, e con lui altri specialisti, non afferma che i danni del nostro amato micio vadano ignorati perché “signora mia!” e allora i cacciatori, e allora noi umani? Chi scrive, e con lui altri specialisti afferma che prima di sbraitare o allarmare per l’apocalisse ecologica  causata da micio servirebbero seri studi quantitativi sulla pressione predatoria. Studi che non sono semplici da condurre.

Tieni giù la mani dalla catena trofica.

Esistono molti progetti, più o meno seri e sensati, di eradicazione del gatto domestico e di altre specie invasive. Alcuni sono anche stati messi in pratica “non sempre” col raggiungimento del risultato sperato. Ma i progetti di eradicazione e di controllo della popolazione, oltre che eticamente complessi perché non sempre riguardano specie aliene, sono imprevedibili in quanto vanno ad impattare sulla catena trofica, o catena alimentare, sconvolgendola e portando a volte a conseguenze che sono peggiori del danno a cui si voleva porre rimedio. Il problema è che non sempre sono noti tutti rapporti di predazione e il loro peso specifico all’interno dell’ecosistema per cui l’eradicazione di un predatore (o mesopredatore) che preda A potrebbe far esplodere la popolazione di un altro predatore (o mesopredatore) concorrente che però magari preda anche B portando ad un crollo di quest’ultimo (ipersemplificazione). Prima di intervenire servono studi più dettagliati e una più puntuale conoscenza dell’ecosistema che si vuole manipolare.

Sempre Driscoll, in uno studio del 2019 intitolato “Conservation or politics? Australia's target to kill 2 million cats” (Conservazione o politica? L'obiettivo dell'Australia è uccidere 2 milioni di gatti) ci mostra quali possono essere alcune delle cattive conseguenze di una campagna di sterminio organizzata senza la minima base scientifica. Nello specifico in un lustro sono stati uccisi, spesso brutalmente, dalle molte decine di migliaia al milione e mezzo di gatti senza alcun beneficio per le specie minacciate. I benefici non sono arrivati non solo perché non è stata raggiunta la quota minima percentuale di uccisioni necessarie affinché le specie predate potessero beneficiarne ma, più a monte, perché non esisteva una stima della popolazione felina dell’Australia. Come si può pianificare di uccidere il 60% degli individui di una popolazione della quale non si conosce la numerosità?

Questa politica e altre simili hanno la colpa, assieme a mass media classici e moderni, e divulgatori clickbaiter, di aver portato a episodi di becera barbarie culminati in veri e propri atti di violenza e crudeltà gratuita contro gli animali non umani. Cito ad esempio la strage dei gatti della colonia di Stockton del porto di Newcastle [30] che ha visto numerosi gatti mutilati e gravemente feriti. Altri progetti vorrebbero ricorrere al gene drives ma comportano il rischio di diffondersi incontrollabilmente al di fuori del territorio interessato e di coinvolgere anche i gatti selvatici. [31,32,33,34]

Considerazioni finali e conclusione.

È difficile concludere una articolo come questo. Lo è per diverse ragioni sia personali che gnoseologiche. Per quanto mi sia sforzato di essere oggettivo sono cosciente della mia potenziale fallacità in quanto essere umano. Anche io posso essere vittima di bias o incappare in ragionamenti fallaci. La seconda ragione è che proprio per la carenza di dati che ho più volte citato l’unico consiglio che mi sento di dare è quello di non scadere e non cadere vittime del terrorismo mediatico. Gli interventi in natura devono essere ben coordinati. Non serve a nulla eradicare una specie aliena invasiva se poi non si fa niente per prevenire l’arrivo di un’altra o di altre. Non serve a nulla eradicare, o provarci indiscriminatamente, una specie invasiva se contemporaneamente no si salvaguardia l’areale delle specie che si vuole proteggere. E nel caso del gatto è inutile inneggiare allo sterminio se prima non si educano i proprietari di gatti alla cura a tutto tondo del loro compagno peloso. Questa educazione deve essere anche di tipo civico e deve comprendere anche e soprattutto sistemi di controllo meno cruenti quali la sterilizzazione o la limitazione degli spostamenti laddove possibile. Sono cosciente che non tutti i gatti si adattano bene ad una vita fra le quattro mura e non tutti sopportano di portare campanellini o altri strumenti atti a diminuire il rateo di successi durante la caccia.

I conflitti di interesse.

Il tema trattato è disseminato di conflitti di interesse a tutti i livelli:

a)      La produzione scientifica. Esistono diversi studi in cui viene analizzata l’efficacia degli accessori per gatto che mirano a ridurne il rateo di successo durante la caccia. Purtroppo non tutti questi studi sono indipendenti in quanto alcuni sono finanziati dai produttori stessi dei suddetti dispositivi.

b)      Le riviste predatorie. Queste pubblicano lavori dei quali non è “ragionevolmente garantita” la qualità. Esistono casi di circle of trust di autori che si inseriscono l’un l’altro come coautori nelle rispettive pubblicazioni per aumentare il loro prestigio percepito al fine di costruire una carriera non basata sul merito. Alcuni di questi autori hanno una cadenza di pubblicazioni disumana in quanto compaiono come autori o coautori di un numero spropositato di pubblicazioni, senza contare quei casi nei quali sono revisori o curatori.

Una breve menzione la meritano quelle entità che promuovono l’eradicazione di specie aliene avendo un enorme conflitto di interessi. Parlo di entità che ad esempio promuovono la caccia venatoria e che sarebbero, in caso di via libera, in prima linea sicuri di potersi divertire essendo al contempo ben finanziati per fare quello che taluni chiamano sport.

Ma soprattutto non bisogna indossare un paraocchi durante la ricerca utopica di una soluzione unica e perfetta. Delle volte bisogna scendere a compromessi ma il processo decisionale non può essere guidato dall’emotività ma deve piuttosto essere razionale e ponderato grazie alle conoscenze scientifiche acquisite e consolidate pur sapendo che queste possono essere fallaci e/o perfettibili.

Ogni volta che qualcuno vi propone una soluzione semplice per un problema complesso la soluzione è sbagliata e quel qualcuno è o ignorante o in malafede o è afflitto da entrambe le condizioni.

Siate curiosi e pretendere le fonti.

E che siano fonti decenti.

Fonti e letture correlate e/o consigliate:

1.      The fundamentals of open access and open research, springernature.com, https://www.springernature.com/gp/open-research/about/the-fundamentals-of-open-access-and-open-research

2.      Lepczyk, C.A., Fantle-Lepczyk, J.E., Dunham, K.D. et al. A global synthesis and assessment of free-ranging domestic cat diet. Nat Commun 14, 7809 (2023). https://doi.org/10.1038/s41467-023-42766-6

3.      The History & Origin of Cat Memes: From the 18th Century to lolcats; Or, How Cats have Basically Changed the Internet and the World Furever, http://hdl.handle.net/2142/105506 DOI 10.20415/hyp/021.m07

4.      Thibault, M., Marino, G. Who Run the World? Cats: Cat Lovers, Cat Memes, and Cat Languages Across the Web. Int J Semiot Law 31, 473–490 (2018). https://doi.org/10.1007/s11196-018-9559-8

5.      How Much of the World’s Data Is Cat Content?, blog.purestorage.com, https://blog.purestorage.com/perspectives/how-much-of-the-worlds-data-is-cat-content/

6.      Podhovnik, Edith. (2016). The Meow Factor - An Investigation of Cat Content in Today's Media. 10.20472/AHC.2016.001.013

7.      L’epico scontro di civiltà sui gatti e il loro impatto sul mondo, ci vuole una scienza podcast, https://www.ilpost.it/episodes/lepico-scontro-di-civilta-sui-gatti-e-il-loro-impatto-sul-mondo/

8.      Mori E, Menchetti M, Camporesi A, Cavigioli L, Tabarelli de Fatis K and Girardello M (2019) License to Kill? Domestic Cats Affect a Wide Range of Native Fauna in a Highly Biodiverse Mediterranean Country. Front. Ecol. Evol. 7:477. doi: 10.3389/fevo.2019.00477

9.      Nature Communication, https://www.nature.com/ncomms/

10.  Giulio Valentino Dalla Riva su Google Scholar, https://scholar.google.it/citations?user=mJlK_dwAAAAJ&hl=it&oi=ao

11.  Mori E, Menchetti M, Camporesi A, Cavigioli L, Tabarelli de Fatis K and Girardello M (2020) Corrigendum: License to Kill? Domestic Cats Affect a Wide Range of Native Fauna in a Highly Biodiverse Mediterranean Country. Front. Ecol. Evol. 8:588146. doi: 10.3389/fevo.2020.588146

12.  The Nest, https://pets.thenest.com/

13.  Eurolizards.com, https://www.eurolizards.com/

14.  Bird Live international, https://datazone.birdlife.org/species/factsheet/orange-flanked-bush-robin-tarsiger-cyanurus

15.  eBird, https://ebird.org/species/refblu

16.  Geiger M, Kistler C, Mattmann P, Jenni L, Hegglin D and Bontadina F (2022) Colorful Collar-Covers and Bells Reduce Wildlife Predation by Domestic Cats in a Continental European Setting. Front. Ecol. Evol. 10:850442. doi: 10.3389/fevo.2022.850442

17.  Guo X, Dong L and Hao D (2024) Cellular functions of spermatogonial stem cells in relation to JAK/STAT signaling pathway. Front. Cell Dev. Biol. 11:1339390. doi: 10.3389/fcell.2023.1339390

18.  Driscoll CA, Clutton-Brock J, Kitchener AC, O'Brien SJ. The Taming of the cat. Genetic and archaeological findings hint that wildcats became housecats earlier--and in a different place--than previously thought. Sci Am. 2009 Jun;300(6):68-75. PMID: 19485091; PMCID: PMC5790555. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5790555/

19.  Deep Dream Generator, Math-Kitty di Emiliano Girina, https://deepdreamgenerator.com/ddream/kuj6v6es549

20.  IUCN Comitato Italiano, https://www.iucn.it/liste-rosse-italiane.php

21.  IUCN International, https://www.iucn.org/

22.  EFSA, topics, Invasive alien species, https://www.efsa.europa.eu/en/topics/topic/invasive-alien-species

23.  Mattan Schlomi, Cyllage City COVID-19 Outbreak Linked to Zubat Consumption. 2020 - 8(2). AJBSR.MS.ID.001256. DOI: 10.34297/AJBSR.2020.08.001256.

24.  Predatory Reports, https://predatoryreports.org/home

25.  Predatoryreports.org: An open letter from Frontiers’ chief executive editor, https://www.frontiersin.org/news/2023/06/22/predataryreports-org-an-open-letter-from-frontiers-chief-executive-editor/

26.  Misinformation website – alerting our community, https://www.frontiersin.org/news/2023/03/31/misinformation-website-alerting-our-community/

27.  Open-access publisher sacks 31 editors amid fierce row over independence, Editors allege publisher focused on profit, not quality, https://www.science.org/content/article/open-access-publisher-sacks-31-editors-amid-fierce-row-over-independence

28.  Carlos Driscoll, Nobuyuki Yamaguchi, Stephen J. O’Brien, David W. Macdonald, A Suite of Genetic Markers Useful in Assessing Wildcat (Felis silvestris ssp.)— Domestic Cat (Felis silvestris catus) Admixture, Journal of Heredity, Volume 102, Issue Suppl_1, September-October 2011, Pages S87–S90, https://doi.org/10.1093/jhered/esr047

29.  Doherty TS, Driscoll DA, Nimmo DG, Ritchie EG, Spencer R-J. Conservation or politics? Australia's target to kill 2 million cats. Conservation Letters. 2019;12:e12633. https://doi.org/10.1111/conl.12633

30.  Port of Newcastle's Stockton breakwall cat cull sparks fury after animals maimed, https://www.abc.net.au/news/2020-12-20/port-of-newcastles-stockton-breakwall-cat-cull-sparks-fury/13001868?fbclid=IwAR3STiCNIQSOnKmsgbQM_uyd8O7E8GEZCCkBUR9xkPgUxLSyMU0ftiMrNSU

31.  Invasive Feral Cats Could Be Wiped Out Using Genetic Modification, https://www.geneconvenevi.org/articles/invasive-feral-cats-could-be-wiped-out-using-genetic-modification/

32.  Comitato Etico Fondazione Veronesi - 2020 - Parere Gene-Drive, https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/tools-della-salute/download/comitato-etico-i-pareri/comitato-etico-fondazione-veronesi-2020-parere-gene-drive

33.  George J. Annas, Chase L. Beisel, Kendell Clement, Andrea Crisanti, Stacy Francis, Marco Galardini, Roberto Galizi, Julian Grünewald, Greta Immobile, Ahmad S. Khalil, Ruth Müller, Vikram Pattanayak, Karl Petri, Ligi Paul, Luca Pinello, Alekos Simoni, Chrysanthi Taxiarchi, and J. Keith Joung.A Code of Ethics for Gene Drive Research.The CRISPR Journal.Feb 2021.19-24.http://doi.org/10.1089/crispr.2020.0096

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35.  Five reasons to publish in a predatory journal, predatory-publishing.com, https://predatory-publishing.com/five-reasons-to-publish-in-a-predatory-journal/?fbclid=IwAR1FAscqfjOu6334WxNgrLAdKxAUR6V9t8-AD0f8XVS8x5U8TuljNax-UlU

36.  Zoouniverse.org, https://www.zooniverse.org/

37.  eu-citizen.science, https://eu-citizen.science/#:~:text=Citizen%20science%20is%20any%20activity,whole%20in%20an%20impactful%20way.

38.  science.nasa.gov, citizen science, https://science.nasa.gov/citizen-science/

39.  Marineboard.eu, ADVANCING CITIZEN SCIENCE FOR SEAS AND OCEAN RESEARCH, https://www.marineboard.eu/citizen-science

40.  Geiger M, Kistler C, Mattmann P, Jenni L, Hegglin D and Bontadina F (2022) Colorful Collar-Covers and Bells Reduce Wildlife Predation by Domestic Cats in a Continental European Setting. Front. Ecol. Evol. 10:850442. doi: 10.3389/fevo.2022.850442

41.  Simmons RE and Seymour CL (2022) Commentary: Colorful collar-covers and bells reduce wildlife predation by domestic cats in a continental European setting. Front. Ecol. Evol. 10:943598. doi: 10.3389/fevo.2022.943598

42.  Frontiers Editorial Office (2024) Retraction: Cellular functions of spermatogonial stem cells in relation to JAK/STAT signaling pathway. Front. Cell Dev. Biol. 12:1386861. doi: 10.3389/fcell.2024.1386861

43.  Scientific Journal Publishes AI-Generated Rat with Gigantic Penis In Worrying Incident, vice.com, https://www.vice.com/en/article/dy3jbz/scientific-journal-frontiers-publishes-ai-generated-rat-with-gigantic-penis-in-worrying-incident

44.  Why Nature will not allow the use of generative AI in images and video, nature.com, https://www.nature.com/articles/d41586-023-01546-4?utm_medium=affiliate&utm_source=commission_junction&utm_campaign=CONR_PF018_ECOM_GL_PHSS_ALWYS_DEEPLINK&utm_content=textlink&utm_term=PID100094349&CJEVENT=74a7ba61d42811ee83c8d4fb0a18b8fb

45.  Nature 576, 210-212 (2019) doi: https://doi.org/10.1038/d41586-019-03759-y, Predatory journals: no definition, no defence

46.  Macdonald, David & Yamaguchi, Nobuyuki & Kitchener, Andrew & Daniels, M. & Kilshaw, Kerry & Driscoll, Carlos. (2010). Reversing cryptic extinction: The history, present, and future of the Scottish wildcat. 471-492. https://www.researchgate.net/publication/306154263_Reversing_cryptic_extinction_The_history_present_and_future_of_the_Scottish_wildcat

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